L’imprenditoria Femminile Italiana tra Resilienza e Difficoltà di Genere


Giorgia Campagna
L'imprenditoria femminile è la protagonista di quello che può forse essere definito un paradosso di questo ultimo anno caratterizzato dal Coronavirus.
Da un lato, i numeri tendenti al negativo riguardanti le imprese al femminile nell’ultimo anno a causa della pandemia. Dall’altro lato, quelle imprese femminili che sono invece sopravvissute alla pandemia mettendo in risalto quelle caratteristiche che le differenziano e rendono anche migliori rispetto a quelle al maschile.
Tra un estremo ed un altro, tra il bianco ed il nero, c’è una zona grigia, che è quella delle possibilità future proprio perché sulle donne si punta tanto e lo si farà sempre di più.
Imprenditoria femminile dopo il COVID
Ad un anno dall’inizio della pandemia si son potuti stilare i numeri effettivi tra il prima e il dopo, ed un bilancio dei danni riportati dalle aziende per ogni settore. Uno dei dati che emerge chiaramente è che l’imprenditoria femminile ha ricevuto un colpo maggiore in generale in ogni settore.
Secondo i dati di Confesercenti, sono circa 4.000 in meno le aziende gestite da donne rispetto a prima della pandemia. Ma è in realtà più rilevante la diminuzione del numero di nuove imprese femminili registrate nel 2020 rispetto al precedente 2019, che ha subito un calo del 42%. In entrambi i casi, cifre che risultano essere superiori rispetto ai danni subiti dalla controparte maschile.
La pandemia ha rallentato per la prima volta in sei anni la tendenza di continua crescita delle imprese femminili che si era avviata nel 2014. Le donne più degli uomini hanno rinunciato alla possibilità di iniziare un’attività.
Questi ultimi dati sono veri soprattutto al Centro e Nord Italia, mentre sembrerebbero esserci dei dati di controtendenza rispetto a quanto siamo abituati a sentire riguardanti il Sud Italia. Nonostante la difficile situazione lungo tutta la penisola, nel Mezzogiorno i numeri dell’imprenditoria femminile sono addirittura aumentati, registrando quasi 1.300 aziende in più. Un dato a sorpresa e probabilmente inaspettato, ma che potrebbe in realtà essere l’inizio di una nuova ed interessante tendenza da monitorare per il futuro.
Facendo un quadro generale della situazione attuale dell’imprenditoria femminile:
- Il 2020 ha visto la chiusura di 4.000 imprese femminili italiane
- Diminuzione del 42% di nuove imprese femminili registrate nel 2020
- La diminuzione ha interessato il centro-nord della penisola, mentre il sud ha visto un incremento nell’imprenditoria femminile
Quali sono i motivi per cui l’arrestata dell’imprenditoria femminile è stata superiore rispetto a quella maschile? Per dare una risposta completa servirebbe probabilmente un saggio socio-economico lungo decine di pagine, ma per farla breve, possiamo in questo caso identificare alcuni fattori emersi sulla base dei sondaggi di Unioncamere:
- Le donne sembrano avere più difficoltà ad ottenere liquidità rispetto agli uomini
- I campi in cui le donne sono più attive sono anche quelli più colpiti dalla pandemia, in primis manifattura, moda, turismo, ristorazione ed assistenza alla persona
- Le imprese che hanno avuto più difficoltà sono femminili e giovani, che coincidono essere anche più piccole e recenti.
Questi dati vanno inseriti in un contesto nazionale in cui l’imprenditoria femminile rappresenta circa il 22% di quella totale. Basterebbe forse quest’ultimo dato per intuire che vi è un problema strutturale di base: l’imprenditoria femminile, nonostante sia molto cresciuta negli ultimi 6 anni, raggiunge solo una quota del 22%. Percentuale incredibilmente bassa: la pandemia ha semplicemente danneggiato l'anello più debole ed ancora non abbastanza solido di questa catena economica.
Imprenditoria femminile guarda al futuro
Nonostante il quadro appena descritto, la pandemia non ha fatto emergere soltanto debolezze e fragilità di un tessuto economico al femminile, spesso sono proprio le situazioni più critiche a far emergere il meglio. Sono infatti venuti fuori anche gli aspetti positivi ed i punti di forza dell’imprenditoria femminile.
Resilienza. Sembra che oggi non si possa fare conversazione di alcun tipo senza nominarla. A livello aziendale per resilienza si intende la capacità di sopravvivere alle criticità del mercato, di adattarsi e saper affrontare i cambiamenti. Flessibilità e apertura verso modelli alternativi si sposano bene con resilienza. Secondo gli studi, resilienza e imprenditoria femminile si muovono di pari passo.
E sono infatti proprio le imprese femminili ad aver affrontato la pandemia con maggiore resilienza rispetto rispetto a quelle maschili, secondo quanto riportato dall’Osservatorio QVC. Il 56% delle imprenditrici italiane ha dichiarato di aver avviato azioni specifiche per permettere all’azienda di adattarsi alle nuove dinamiche della pandemia, soprattutto nel digitale.
Imprenditoria femminile e settore manifatturiero
Ed il settore manifatturiero, uno dei settori in cui le donne sono più operanti, ha visto in particolar modo la resilienza e la tenacia delle imprenditrici nell’ultimo anno.
Ma non soltanto le imprese femminili sono più tenaci e pronte ai cambiamenti di fronte alle difficoltà, ma hanno caratteristiche peculiari che le rendono oggi più che mai pronte ad affrontare questi anni di cambiamenti sotto diversi punti di vista.
In particolare, guardando al settore manifatturiero, secondo Confimi il 65% delle imprese al femminile sono particolarmente attente a politiche di welfare aziendale, ovvero sono favorevoli all’incremento e introduzione di una serie di azioni che hanno come obiettivo il benessere degli impiegati.
Sono sempre le donne ad essere più interessate e predisposte a promuovere la formazione professionale dei dipendenti e per loro stesse. Sono anche più attente alle tematiche ambientali, quando le donne sono al comando le imprese tendono molto di più alla sostenibilità ambientale.
Potranno forse sembrare informazioni poco rilevanti in un’ottica in cui l’obiettivo principale è solo fare incassi a qualunque costo, ma alla luce di un nuovo modello aziendale ormai inevitabile, predisposizione al digitale, al benessere dei dipendenti, alla formazione e alla sostenibilità sono requisiti fondamentali per mandare avanti un’azienda di successo. E le donne sembrano essere pronte a farlo.
Le imprese al femminile sono perlopiù piccole imprese, eppure sembrano avere le caratteristiche necessarie per affrontare le nuove sfide del mercato.
L’Italia che punta sull’imprenditoria femminile
Queste tendenze molto incoraggianti dell’imprenditoria femminile vanno guardate soprattutto alla luce dei dati positivi del primo trimestre 2021 del settore manifatturiero. Dopo un devastante 2020 in cui il manifatturiero ha registrato una diminuzione del fatturato dell’11%, il 2021 sembrerebbe essere iniziato alla grande.
I dati indicano una buona ripresa nel settore manifatturiero in tutta l’Eurozona, con un PMI che cresce a ritmi più alto degli ultimi anni, dove il PMI indica il Purchasing Managers Index, ovvero dei valori che indicano il benessere economico di un paese.
La pandemia ha insomma messo in crisi un po' tutta l’imprenditoria come è chiaro, ma ha soprattutto messo in evidenza un problema di fondo dell’economia italiana e che era decisamente preesistente.
L’imprenditoria femminile deve una crisi maggiore al fatto che non fosse consolidata come quella maschile, al fatto che in Italia il famoso gender gap è ancora troppo presente e radicato, che l’imprenditoria se fatta al femminile riscontra ancora troppe difficoltà.
Cose che probabilmente sapevamo già tutti o almeno erano percepibili senza grandi studi che lo dimostrassero, ma i disagi provocati dalla pandemia hanno attirato ancora di più l’attenzione sul tema, che è infatti ora al centro delle discussioni parlamentari. Proprio per questo motivo il MISE, Ministero dello Sviluppo Economico, ha destinato dei finanziamenti a tasso zero per agevolare ed incrementare la nascita di imprese femminili su tutto il territorio italiano a partire dal 19 maggio 2021.
I finanziamenti a favore delle imprese femminili c’erano già e di diverso tipo e provenienza, ma il 2020 ha fatto capire che forse c’è bisogno di fare di più.
C’è bisogno di cambiare una struttura sociale ancora non al passo con il nuovo secolo e troppo maschilista, che ancora si stupisce se una donna decidere di diventare imprenditrice e di farlo da sola.
Abbiamo bisogno di un cambiamento culturale di base, per cui il successo di una donna imprenditrice non venga più visto come un evento straordinario. E per farlo dovremmo forse iniziare smettendo di parlare di “quote rosa” nei vari settori economici e sociali, perché se le percentuali di imprese gestite da uomini non vengono chiamate “quote blu”, allora è chiaro che chiamare le donne imprenditrici rosa è già di per sé incredibilmente scoraggiante e mette nero su bianco la lunga strada ancora da percorrere perché l’Italia possa eliminare la sua radicata differenza di genere.
Le donne hanno sempre dovuto lottare doppiamente. Hanno sempre dovuto portare due pesi, quello privato e quello sociale. Le donne sono la colonna vertebrale della società
-Rita Levi Montalcini
Cresciuta tra le montagne dell’entroterra siciliano tra mandorli e aranci da sempre con una passione per le lingue e le culture e l’esigenza di viaggiare che l’hanno portata sempre più lontana, per studio prima, per scelta dopo. Ha studiato mediazione linguistica a Padova e digital marketing ad Oxford, Giorgia è entrata a far parte della famiglia di MakersValley come Content Marketing Intern, creare contenuti per il web ed i social media è la carriera che vuole intraprendere. Negli ultimi anni ha vissuto in diversi paesi, Germania, Irlanda, Regno Unito ed infine Portogallo in cerca del posto giusto in cui fermarsi. Nei momenti liberi potete trovarla su qualche scogliera o su una montagna o in mezzo ai boschi... in alternativa al tramonto su una spiaggia con una buona birra tra le mani! L’escursionismo è la sua dipendenza, sostenibilità e ambientalismo il suo credo.
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